Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per  mandato  ex  lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato (c.f.  80224030587),  presso  i  cui  uffici  ha
domicilio in Roma, via  dei  Portoghesi  12  (fax  0696514000  -  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro Regione Veneto, in persona  del  Presidente  della  Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge regionale 16  marzo
2015 n.  4,  avente  ad  oggetto  «Modifiche  di  leggi  regionali  e
disposizioni in materia di governo del territorio e di aree  naturali
protette regionali», pubblicata sul BUR n. 27 del 20 marzo 2015. 
    La Regione Veneto ha approvato ed emanato la legge n. 4/2015  con
cui in dieci  articoli  ha  introdotto  modifiche  a  svariate  norme
regionali  vigenti  in  materia  di  governo,  assetto  ed  uso   del
territorio, di paesaggio, di  edilizia  ed  urbanistica,  nonche'  in
materia di aree protette. 
    In particolare,  per  quanto  qui  interessa,  con  l'art.  8  in
dichiarata attuazione della norma statale di cui all'art.  2-bis  del
D.P.R. n. 380/2001 («Testo Unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in  materia  edilizia»)  ha  demandato  allo  strumento
urbanistico generale la fissazione dei limiti di densita', altezza  e
distanza in deroga a quelli stabiliti dall'ordinamento statale in una
serie di ipotesi espressamente elencate. 
    Cosi' testualmente la nuova norma regionale: 
        «In attuazione di quanto previsto dall'art. 2-bis del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,  lo  strumento
urbanistico generale, con le  procedure  di  cui  al  comma  4,  puo'
fissare limiti di densita', di altezza e  di  distanza  in  deroga  a
quelli stabiliti dagli articoli 7, 8, e 9 del decreto ministeriale  2
aprile 1968 n. 1444 "Limiti inderogabili  di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare  ai  fini  della  formazione  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti ai sensi  dell'art.
17 della legge 6 agosto 1967, n. 765": 
    a) nei casi di cui all'articolo 17, comma  3,  lettere  a)  e  b)
della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 «Norme per il governo del
territorio ed in materia di paesaggio», con riferimento ai limiti  di
distanza  da  rispettarsi  all'interno   degli   ambiti   dei   Piani
Urbanistici  Attuativi  (PUA)  e  degli   ambiti   degli   interventi
disciplinati puntualmente; 
    b) in specifiche aree o  ambiti,  individuati  all'interno  delle
zone  di   completamento,   comunque   denominate   nello   strumento
urbanistico  comunale,  qualora  i  diversi  limiti   fissati   siano
funzionali a  confermare  un  assetto  morfologicamente  ordinato  ed
unitario di tessuti urbani consolidati  prevalentemente  composti  da
fabbricati realizzati prima dell'entrata in vigore del D.M. 2  aprile
1968 n. 1444». 
    Ad avviso della Presidenza del Consiglio questa  norma  viola  la
competenza legislativa esclusiva dello Stato, e deve pertanto  essere
impugnata per il seguente 
 
                               Motivo 
 
1)  Violazione  dell'articolo  117,  comma  2,  lettera   l),   della
Costituzione che demanda alla competenza legislativa esclusiva  dello
Stato le norme appartenenti all'ordinamento civile. 
    Come noto, il decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito  con
legge  n.  98/2013,  ha   introdotto   una   serie   di   misure   di
semplificazione del quadro amministrativo  e  normativo  al  fine  di
rilanciare l'economia nazionale e di favorire la crescita economica. 
    L'articolo 30 del testo legislativo si e' occupato specificamente
della semplificazione nel settore edilizio, introducendo  nel  D.P.R.
n. 380/2001 (T.U. delle disposizioni legislative e  regolamentari  in
materia edilizia) l'art. 2-bis, che consente  alle  regioni  ed  alle
Province Autonome di Trento e Bolzano di dettare proprie norme  anche
in deroga alle disposizioni del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444. 
    Quel regolamento ministeriale, di  competenza  del  Ministro  dei
lavori pubblici, si occupa essenzialmente di due questioni: 
    a) la fissazione di limiti inderogabili di densita' edilizia,  di
altezza e di distanza fra i fabbricati (articoli 7, 8 e 9); 
    b) la fissazione dei cc.dd. «standard», ossia i rapporti  massimi
da osservare nella  formazione  o  nella  revisione  degli  strumenti
urbanistici, tra spazi con destinazione residenziale e  produttiva  e
spazi da destinare ad  attivita'  collettive,  a  verde  pubblico,  a
parcheggi. 
    Il potere derogatorio attribuito alle regioni dall'art. 2-bis del
D.P.R.  n.  380/2001  come  introdotto  nel   2013,   pero',   lascia
espressamente ferma la competenza statale in materia  di  ordinamento
civile, con riferimento al diritto di  proprieta'  ed  alle  connesse
norme del codice civile e alle sue disposizioni integrative. 
    Ora,  come  ha  gia'  ripetutamente  chiarito  la  giurisprudenza
costituzionale,  la  disciplina  delle   distanze   minime   tra   le
costruzioni rientra  nella  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato in quanto attinente  all'ordinamento  civile  (Corte  cost.  21
maggio 2014 n. 134; Corte cost. 16 gennaio 2013 n. 6; Corte  cost.  7
maggio 2012 n. 114; Corte cost. 15 maggio 2005 n. 232). 
    E, del resto, il principio appare  evidentemente  giusto  ove  si
osservi che la disciplina delle distanze tra edifici, e'  oggetto  di
specifica norma del codice  civile  nel  libro  della  proprieta'  in
generale, e nel titolo della proprieta' edilizia in particolare (art.
773 cod. civ.); cosi' come non possono non attenere alla  proprieta',
in funzione limitativa della  stessa,  le  disposizioni  dettate,  in
attuazione della  legge  n.  765/1965,  dal  D.M.  n.  1444/1968  con
riferimento alla densita' ed all'altezza degli edifici. 
    La  stessa  Corte  ha  tuttavia  precisato,  sulla  scorta  della
considerazione che le distanze tra gli edifici possono anche incidere
sull'assetto del territorio, e  quindi  fuoriuscire  dai  limiti  dei
rapporti tra privati, che la loro  disciplina  possa  essere  oggetto
pure di legislazione concorrente regionale quando essa  possa  essere
funzionale agli interessi pubblici legati al governo del  territorio.
Ed in questa  ottica  il  potere  legislativo  regionale  puo'  anche
operare in deroga alle  norme  statali,  purche'  tale  discostamento
persegua finalita' di carattere urbanistico destinate  ad  assicurare
«un  assetto  complessivo  ed  unitario  di  determinate   zone   del
territorio». 
    D'altra parte, la stessa inderogabilita'  dei  (soli)  limiti  di
distanza  era  stata  dallo  stesso  Stato  attenuata  ammettendo  la
possibilita' di distanze inferiori nel caso di gruppi di edifici  che
formino  oggetto   di   piani   particolareggiati   o   lottizzazioni
convenzionate con previsioni planovolumetriche (art. 9  del  D.M.  n.
1444/1968).  Quindi,  la  legittimazione  a  derogare   per   ragioni
urbanistiche era principio gia' presente nella normativa statale. 
    Nel caso di specie, pero', la Regione Veneto non ha utilizzato in
modo     corretto     la     facolta'     derogatoria     concessagli
dall'interpretazione costituzionale ora  ricordata,  ed  ha  pertanto
invaso per l'eccessiva ampiezza della previsione la competenza  dello
Stato. 
    Intanto, essa ha assegnato agli strumenti urbanistici  un  potere
piu' esteso di quello che potrebbe essere esercitato, dal momento che
- in presenza di una  norma  statale  (l'art.  2-bis  del  D.P.R.  n.
380/2001) che ammette deroghe al D.M. 1444/1968 solo per le  distanze
(art.  9),  ed  in  presenza  di  un'apertura  della   giurisprudenza
costituzionale che pure consente la discriminante urbanistica per  le
deroghe in materia di distanze - la  norma  regionale  qui  censurata
introduce   una   derogabilita'   alla   disciplina   statale   anche
relativamente alle altezze ed alla densita' (articoli 7 e 8),  i  cui
limiti invece dovrebbero rimanere inderogabili. 
    E poi, la norma regionale censurata consente le deroghe in parola
nei casi di cui all'art. 17, comma 3, lettere a)  e  b)  delle  legge
regionale n. 11/2004 con esplicito riferimento ai PUA e  agli  ambiti
degli interventi disciplinati puntualmente. 
    Ora, la legge regionale n. 11/2004 all'art.  17  prevede  che  il
piano degli interventi si attui mediante Piani Urbanistici  Attuativi
(PUA), e che minori distanze tra edifici rispetto ai limiti di cui al
D.M. 1444/1968 possano essere fissati nel caso di gruppi  di  edifici
in ambito PUA o in caso di interventi disciplinati puntualmente. 
    Come  si  vede,  si  tratta  di  previsioni  urbanistiche  (e  di
contenuto di strumenti urbanistici) del tutto generali  e  generiche,
che  non  contengono  alcun  riferimento  a  quelle   particolari   e
specifiche  esigenze  legate  al  territorio  -  a  quel  particolare
territorio, con quelle particolari caratteristiche dettate da ragioni
naturali e storiche (cosi' Corte cost. n. 134/2014 in parte motiva) -
che consentirebbe una disciplina delle  distanze  diversa  da  quella
inderogabilmente fissata dal legislatore statale. 
    Ne' quelle specificita' sono in  qualche  modo  desumibili  dalle
altre disposizioni della norma qui in esame. 
    Non e' sufficiente, infatti, una generica motivazione urbanistica
per legittimamente derogare ai limiti di matrice statale in  tema  di
distanza tra edifici (se si ragionasse cosi', e'  evidente  che  ogni
strumento urbanistico, in quanto tale, potrebbe  farlo),  ma  occorre
una  specifica  motivazione   di   omogeneita',   complessivita'   ed
unitarieta' che giustifichi per determinate zone  una  eccezionale  -
nel senso che fa eccezione - previsione di assetto fisico. 
    D'altra   parte,   gli   stessi   requisiti    di    omogeneita',
complessivita'  ed   unitarieta'   richiesti   dalla   giurisprudenza
costituzionale  perche'  prevalga   la   discriminante   urbanistica,
appaiono incompatibili con la norma regionale che consente la  deroga
alle distanze nel caso di interventi puntuali, che - proprio  perche'
puntuali - sono per loro natura svincolati dal contesto. 
    Quindi, il contrasto con i  principi  affermati  dalla  Corte  si
manifesta qui con il consentire una deroga alla norma statale sia  in
caso di Piano Urbanistico Attuativo (strumento in  se'  assolutamente
generale per ambito territoriale di efficacia, generico in termini di
contestualizzazione di intervento, indefinito  e  per  previsioni  di
contenuto) senza alcuna indicazione di specificita', sia in  caso  di
intervento puntuale (che prescinde da ogni elemento di omogeneita' di
contesto e di unitarieta' di assetto del territorio).